Algoretica: Custode, non padrone (pt 2)
- Deodato Salafia
- 23 mar
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 24 mar

Lo scorso agosto parlai della storia del dottor Faust, che vendette l’anima al diavolo in cambio di conoscenza, ma la tecnica, che deriva dalla conoscenza, si prende l’uomo e si prende tutto (La tragica storia del dottor Faust e l’algoretica, pt. 1 di N).È evidente come l’uomo fatichi a governare la propria esistenza: non è mai riuscito davvero a comprendere fino in fondo la propria natura ontologica, ciò lo rende misero di fronte alla morte, a Dio o alla natura; ora abbiamo l’impressione che possa perdere il controllo non solo di chi lo ha creato, ma pure delle sue stesse creature.
Nel passo della Lettera ai Romani (9,20-21), Paolo usa parole che risuonano come un monito per l’umanità contemporanea: “O uomo, chi sei tu che ti metti a discutere con Dio? Forse l’oggetto dirà a chi lo ha plasmato: ‘Perché mi hai fatto così?’”.
Dio (o la natura) è il vasaio, e l’uomo è come l’argilla nelle sue mani. Questo non implica una negazione della dignità umana, ma un richiamo alla giusta proporzione tra il Creatore e la creatura. La sovranità ontologica (avrei potuto dire divina) è insondabile e incalcolabile, e ogni tentativo umano di comprendere o giudicare la logica dell’Onnipotente è destinato a fallire. Ci piace pensare che Dio sia la fonte di ogni esistenza, e in Lui si racchiudono sapienza, potenza e amore perfetto. La verità è che o è così oppure è qualcosa simile di così, come nel film Frankstein Junior (1974), oseremmo dire: “il destino è quel che è, non c’è pace più per me”.
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